Riassunto.
Un
OGM è un essere vivente
con un patrimonio genetico modificato artificialmente
tramite tecniche di ingegneria genetica, rese disponibili grazie a
conoscenze di genomica. Si tratta di miceti, batteri, piante e animali apparsi
per la prima volta negli anni ’70 e oggi utilizzati nei campi più disparati:
dalla nutrizione all'agricoltura, dalla medicina
alla ricerca fino all'industria, con il tentativo generale di donar loro nuove proprietà.
È anche vero, però, che
piante e animali hanno subito cambiamenti genetici notevoli nel tempo solo per
intervento della natura, in quanto individui con le caratteristiche più
auspicabili per la sopravvivenza.
Gli
animali OGM vengono oggi utilizzati per la produzione di biomedicine o come
modelli per la ricerca su malattie umane, xenotrapianti o miglioria delle
produzioni animali stesse (latte e lana). Ma i prodotti OGM più comuni e
sviluppati riguardano l’alimentazione con la suddivisione in piante GM di prima, seconda e terza generazione.
Rispettivamente, le prime portano vantaggi ai coltivatori (resistenza a
pesticidi e insetti, ritardo della senescenza), le seconde si concentrano sui
benefici per i consumatori (maggiore valore nutrizionale, alta qualità, minore
allergenicità) e le terze s’interessano esclusivamente della salute umana con
vaccini e anticorpi.
Fino
al 2005 l’area mondiale destinata alle coltivazioni OGM era di circa 90 milioni
di ettari, divisi in ventuno diversi paesi, e complessivamente salgono a diciotto i nuovi
prodotti autorizzati all’interno della Ue dal 2004 ad oggi;
ma la fiducia
degli europei e degli italiani nei confronti degli OGM è ancora esigua,
colpevoli l’istruzione mancante e la difficoltà di rendere semplice la spiegazione
di un argomento tanto complesso.
Attualmente
l’Unione Europea si sta interessando in modo particolare a questi fatti
cercando di garantire maggiore controllo per i prodotti geneticamente
modificati.
Introduzione.
Un Organismo Geneticamente Modificato (sigla OGM) rappresenta un essere vivente che possiede un patrimonio genetico modificato tramite tecniche di ingegneria genetica, che consentono l'aggiunta, l'eliminazione o la modifica di elementi genici (Russel et Al. 2003).
In realtà le modificazioni e il trasferimento
di materiale genetico non rappresentano un’innovazione prettamente scientifica,
ma accadono naturalmente in molteplici occasioni e processi che sono
all'origine dell’evoluzione. Diversamente, con il termine OGM s’intendono gli
organismi nei quali le modificazioni genetiche sono state operate dall'uomo
attraverso tecniche di ingegneria genetica.
Oggigiorno
gli OGM vengono spesso erroneamente indicati unicamente come organismi
transgenici: in realtà si utilizza questo termine esclusivamente nel caso
in cui geni esogeni vengano inseriti all'interno di un dato organismo, mentre
risultano essere organismi cisgenici
quegli organismi la cui modifica non prevede l'inserimento di materiale
genetico esterno (Brown T.A. 2004).
Miglioramento genetico tradizionale.
La
modificazione del genoma è stata operata per secoli, prima ancora dell'avvento
dell'ingegneria genetica, utilizzando ovviamente
tecniche differenti.
Una
di queste sta alla base della selezione, sia essa naturale o operata dall'uomo,
ed è la mutazione
casuale (Lewin B. 2003). Si tratta di un fenomeno che caratterizza ogni
essere vivente, ma si presenta con una frequenza normalmente molto bassa, la
quale può essere però facilmente aumentata con l’esposizione a radiazioni
o ad agenti chimici mutageni.
Esistono
poi le cosiddette mutazioni puntiformi
(vale a dire riferite a brevissimi tratti di cromosoma o addirittura a singoli nucleotidi),
ma anche delezioni e traslocazioni che interessano intere
regioni cromosomiche
(Alberts et Al. 2006). Le mutazioni, sommandosi nel tempo, hanno portato a evidenti
modifiche geniche che nei secoli hanno permesso all'uomo di costituire e
selezionare molte varietà agrarie e popolazioni animali oggi utilizzate nel
comparto agro-alimentare con scopi benefici sia per il produttore-allevatore
sia per il consumatore.
Un
esempio storico di mutazioni indotte dall'uomo ai fini del miglioramento
genetico è rappresentato dalla varietà di frumento "Creso", ottenuto per irradiazione
dall'ENEA. Esso negli anni '80 è
stato una delle varietà di punta per la produzione di pasta (interessando,
sul mercato, circa uno spaghetto su 4) ed è oggi uno dei genitori delle attuali
varietà commerciali (Brown T.A. 2004).
Un'altra
tecnica molto diffusa per la miglioria genetica è l'incrocio: rappresenta una sorta di ibridazione che può avvenire
non solo tra individui della stessa specie, ma anche tra specie per le quali è
possibile riscontrare una compatibilità riproduttiva o per le quali è comunque
fattibile la rimozione delle barriere (Russel 2003). Proprio su questa base, ad
esempio, si sono prodotti il mulo o il bardotto,
ma anche moltissimi ibridi
tutt’oggi utilizzati per le produzioni animali e vegetali. Il vantaggio di
questa tecnica è la possibilità, una volta identificata fenotipicamente
una caratteristica d’interesse (ad esempio la resistenza a una malattia), di
trasferirla in un'altra specie attraverso incroci mirati (Russel 2003).
La
differenza sostanziale tra le tecniche di miglioramento genetico tradizionale e
l'ingegneria genetica (le cui conoscenze stanno alla base dello sviluppo degli
OGM) sta nella prevedibilità dei
risultati. Nel caso della mutazione o dell'incrocio viene effettuata una
selezione fenotipica,
in base cioè alle caratteristiche visibili ed effettuata all'interno di popolazioni
molto grandi (alcune decine di migliaia nelle piante e alcune centinaia negli
animali); mentre l'ingegneria genetica prima elabora la modifica da eseguire e
solo in seguito seleziona genotipicamente,
in altre parole in base alle caratteristiche genetiche, gli individui che
presentano le caratteristiche desiderate (Lewin B. 2003).
OGM, campi di applicazione.
Gli
OGM sono oggi utilizzati nei campi più disparati: dall'ambito dell'alimentazione
a quello dell'agricoltura, della medicina, della
ricerca, e perfino dell'industria.
I
BATTERI modificati nel loro genoma
vengono adoperati nel ramo dell’agricoltura con lo scopo di migliorare
le caratteristiche del suolo (batteri azoto-fissatori) o di proteggere le piante
dal gelo (batteri ice-minus); nel campo della medicina
il loro uso è finalizzato alla produzione di sostanze medicinali come l'insulina;
mentre nell’industria assistiamo alla comparsa di batteri che sono in
grado di degradare gli idrocarburi.
I
MICETI OGM trovano applicazione nel campo
alimentare con la produzione di enzimi usati
nell'industria alimentare, in particolare per il miglioramento dei processi di fermentazione,
come può avvenire nella produzione della birra; nella sfera
medica, invece, sono impiegati nella produzione di biomedicine.
Con
l’ingegneria genetica anche le PIANTE,
normalmente e naturalmente fonti di una smisurata varietà di composti chimici,
hanno acquisito caratteristiche addizionali e un enorme valore per la
coltivazione e per il raccolto. Le tecniche transgeniche permettono il
movimento dei geni, cui è legato un interesse su piano medico o agrario, tra
differenti specie di piante.
I
dati raccolti fino al 2005 presentano un’area mondiale destinata alle
coltivazioni OGM di circa 90 milioni di ettari divisi in 21 diversi paesi.
Nell’agricoltura,
le cosiddette “piante geneticamente modificate di prima generazione” sono state
create con l’intenzione di migliorare le pratiche agronomiche: al primo posto,
con una copertura dei terreni dedicati alle colture OGM del 71%, troviamo le
piante tolleranti a specifici erbicidi; il secondo posto, con una percentuale del
18%, è occupato da piante resistenti agli insetti o ai virus, la cui tecnica è
basata sull’introduzione di caratteri di resistenza specifica; è altresì
possibile riscontrare varietà con un più elevato potere calorico e minori
richieste di input chimici utilizzabili anche su aree marginali. All’interno
della prima generazione è da annoverare il Flavour Savour tomato (Flavr Savr™), un pomodoro con un gene
modificato per rallentarne la maturazione messo in commercio per la prima volta
nel 1994 ( successivamente ritirato).
Gli
ultimi dieci anni, invece, sono stati interessati largamente dall’incremento
delle “piante GM (geneticamente modificate) di seconda generazione”; esse sono
state sviluppate con caratteristiche benefiche per il consumatore, come ad esempio
un più elevato valore nutrizionale, qualità migliore, bassa allergenicità,
miglioramento delle caratteristiche organolettiche.
Nel
campo dell’alimentazione troviamo validi risultati come una varietà di
riso a elevato contenuto in β-carotene, il cosiddetto Golden Rice.
Per
l’area medica è stata istituita una “terza generazione di piante
OGM”, il cui progetto è ancor oggi in corso di svolgimento. L’idea centrale è
quella della molecular farming, vale a dire la produzione a basso costo di
sostanze farmaceutiche e chimiche sfruttando le tecniche biogenetiche applicate
alla normale coltivazione agricola. Gli esempi più importanti coinvolgono la
patata, contenente vaccini contro l’enterotossina di E. Coli, contro l’epatite B e contro il virus di Norwalk; il mais, invece, è interessato nella produzione
di lipasi gastrica. Nel settore dell’industria lo scopo prefissato è
quello di migliorare le caratteristiche richieste a livello industriale delle
materie prime: per esempio il pioppo con un tasso di lignite inferiore
per facilitare il processo di fabbricazione della pasta da carta; oppure piante
coinvolte nella fitodepurazione,
cioè capaci di estrarre metalli quali oro, rame
e uranio, o in
grado di degradare il TNT
(trinitrotoluene) o di segnalare la presenza di radiazioni
nel terreno di coltura.
Anche
gli ANIMALI possono essere
utilizzati nell’ambito degli OGM con fini connessi all’alimentazione per
ottenere produzioni animali con migliori caratteristiche nutrizionali o
organolettiche (ad esempio un latte con più alto contenuto in caseina o un
latte privo di lattosio);
o con fini legati ai progressi della medicina (produzione di
biomedicine, modelli per la ricerca su malattie umane, come può essere l’oncotopo, e animali donatori di organi per xenotrapianti).
Le
nuove tecniche.
Gli
OGM oggi sul mercato presentano solamente modifiche limitate a caratteri di natura mendeliana,
cioè quei caratteri che sono facilmente controllabili attraverso l'inserimento
di uno o pochi geni che forniscono direttamente una data caratteristica (ad
esempio la resistenza a una malattia) ( Russel 2003).
Ma
nell’ultimo decennio l’esponenziale aumento d’informazioni rese disponibili
dalla genomica
ha consentito di mettere a punto organismi che presentino modifiche genetiche
molto più complesse su caratteri
quantitativi (ne è un esempio la resistenza agli stress) (Lewin B. 2003).
Le
tecniche per ottenere gli OGM sono relativamente recenti e legate all’uso di
nozioni di ingegneria genetica che permettono di inserire,
all'interno del genoma
di un organismo, frammenti di DNA provenienti dal soggetto stesso, da altri
organismi della stessa o di un’altra specie. Il DNA così ottenuto è definito
ricombinante. (Brown T.A. 2004)
I
frammenti di DNA esogeno o endogeno da inserire nell’organismo da modificare,
vengono estratti dal genoma di origine attraverso l'uso di Enzimi di Restrizione (ER), che
funzionano come una sorta di forbici molecolari, e successivamente inseriti in
un vettore ricevente grazie
all’intervento di un ulteriore enzima: la DNA ligasi. I
vettori, che hanno il compito di ricevere il tratto di DNA e d’inserirlo
nell’organismo, possono essere sia piccole molecole circolari di DNA (i plasmidi,
che possono accogliere frammenti fino a un massimo di circa 15.000 paia di basi),
sia strutture derivate da virus, in grado di contenere quantità maggiori di
materiale genetico (fino a circa 70.000 paia di basi). Esistono, inoltre,
vettori che vengono utilizzati come dei veri e propri cromosomi artificiali;
inseriti ad esempio nel lievito (noti come YAC, dall'inglese yeast
artificial chromosomes) o nei batteri (BAC, bacterial artificial
chromosomes), permettono l'inserimento di oltre 300.000 paia di basi, un
quantitativo che rappresenta oltre lo 0,01% del genoma di un mammifero (Brown
T.A. 2004)
I procarioti e la modificazione del DNA.
Il genoma batterico può essere modificato attraverso tre diversi processi:
· La
trasformazione batterica è un
processo, osservabile in natura, attraverso il quale alcuni procarioti (detti competenti)
sono in grado di ricevere tratti di DNA esogeno in grado di produrre nuove
caratteristiche fenotipiche.
Oggi sono state sviluppate alcune tecniche, per quanto molto empiriche, in
grado di rendere competenti anche batteri che non lo sono in natura. È
stato dimostrato, infatti, che l'ingresso di DNA può essere ampiamente
facilitato dalla presenza di certi cationi, come Ca2+, o dall'applicazione di una
corrente elettrica (attraverso l’impiego della tecnica dell’elettroporazione).
I vettori che vengono usati in queste trasformazioni sono essenzialmente
plasmidi: in seguito all'ingresso, essi non s’integrano nel genoma dell’ospite,
ma rimangono in forma autonoma (in uno stato detto episomale).
· Nella
coniugazione batterica, il DNA è
trasferito da un batterio all'altro attraverso un pilum (una struttura
tubulare che può collegare per breve tempo i due batteri). Un plasmide in
questo modo può essere trasferito da un organismo all'altro. La coniugazione è
un fenomeno molto frequente in natura, ma è poco sfruttata come tecnica di
modificazione genetica.
· La
trasduzione,
infine, consiste nell'inserimento di materiale genetico nel batterio sfruttando
l’azione di un virus batteriofago (Alberts et Al. 2006).
Per
inserire il segmento di DNA che codifichi il gene voluto, è necessario che
prima si abbia ben presente la funzione dei geni che si stanno trattando. Nei
batteri ciò è relativamente semplice: per identificare la funzione di un gene
specifico i ricercatori hanno messo a punto dei ceppi batterici particolari, i
cosiddetti knock out. In questi ceppi viene eliminato il DNA relativo al
gene d'interesse: osservando poi le conseguenze sulla vita del batterio, è
possibile identificare la funzione del gene stesso (Russel 2003)
L'uso
di ceppi knock out è oggi molto diffuso, e non solo fra procarioti. È
possibile, infatti, realizzare knock out in numerosi organismi
modello. Il gene responsabile della fibrosi
cistica, ad esempio, è stato individuato in topi knock out:
una volta individuato il presunto gene della fibrosi cistica nell'uomo
(chiamato cftr), i ricercatori hanno individuato l'omologo nel genoma
del topo, ne hanno fatto un knock out e hanno poi verificato che senza tale gene il topo presentava
tutti i sintomi clinici della malattia.
Le piante e la modificazione del loro genoma.
La
più utilizzata tecnica di modificazione genetica per le piante si fonda
sulla capacità del batterio Agrobacterium Tumefaciens di
infettare le piante provocando una crescita cellulare incontrollata
paragonabile a quella che caratterizza i tumori negli animali; tale patologia è
nota come "galla del colletto".
L’A. Tumefaciens è in grado di infettare la pianta trasferendo un plasmide che
s’integra così nel genoma dell'ospite. Il plasmide in questione contiene
diversi geni che,
una volta letti e tradotti dalla pianta, generano la galla e producono nutrienti essenziali per il batterio poiché ne permettono
la crescita (Russel 2003).
Diversi
scienziati, dalla seconda metà degli anni '60, hanno contribuito a comprendere
il meccanismo e le condizioni attraverso cui un plasmide viene trasferito e
integrato nel genoma della pianta: tra questi Jeff Schell, Marc Van Montagu,
Georges Morel, Mary-Dell Chilton e Jacques Tempé. Grazie a tali scoperte, dal 1983 è stato possibile
trasformare tutte queste conoscenze biologiche acquisite, in tecniche biotecnologiche
e quindi sviluppare versioni del plasmide senza i geni che davano origine alla malattia, in
cui erano, invece, presenti i geni d’interesse, permettendo così di produrre le
prime piante transgeniche, oggi molto utilizzate per
fini di ricerca o agro-alimentari.
Un
altro dei processi alla base della produzione di piante OGM oggi molto
utilizzato è il metodo biolistico
(altrimenti detto gene gun o particle gun), che permette di
"bombardare" la cellula vegetale con microproiettili rivestiti di DNA
esogeno di modo che raggiungano facilmente l'interno delle cellule vegetali.
Tale metodo è stato utilizzato, ad esempio, per la produzione del più comune
cereale OGM: il mon810.
Le
tecniche biolistiche vengono spesso usate per modificare piante monocotiledoni,
mentre l’A. Tumefaciens e altri agrobatteri sono utilizzati per la
modificazione dicotiledoni,
nonostante gli ultimi studi abbiano permesso di mettere a punto ceppi di questo
batterio che possono agire, trasformandole, anche sulle monocotiledoni.
Queste
tecniche sono da utilizzarsi in complementarietà con quelle più empiriche già
sviluppate nel progetto di modificazione delle piante di interesse
agro-alimentare, che non vengono quindi del tutto sostituite: il loro
patrimonio genetico ha, infatti, subito nel corso del tempo modifiche genetiche
rilevanti con tecniche convenzionali che hanno dato origine alla stessa agricoltura
(selezione artificiale o, più recentemente,
l'induzione di mutazioni per mezzo di raggi x raggi
γ).
Transgenesi
animale: gli scopi.
Fra
gli organismi transgenici è ovviamente possibile incontrare anche gli animali,
la cui modificazione è legata a diverse tecniche.
Il
primo trionfo nella transgenesi
animale fu ottenuto con un esperimento che, sfruttando un retrovirus,
applicava una tecnica ispirata a un fenomeno naturale: durante le infezioni
virali, l’RNA dei retrovirus entra nella cellula dell’animale infetto, viene
convertito in DNA e nei passaggi successivi integrato stabilmente nel genoma dell’ospite.
Questa proprietà rende il retrovirus un buon vettore per trasferire materiale
genetico all’interno di un organismo, anche se questa tecnica presenta alcune
limitazioni.
Altri
esperimenti, invece, hanno usato cellule
staminali embrionali o germinali, ma il trasferimento nucleare
(utilizzato per la creazione della pecora
Dolly) associato alla manipolazione in vitro di colture cellulari è
attualmente la tecnica più in uso.
- Produzione di biomedicine. In realtà la produzione di biomolecole avviene anche da parte di batteri o lieviti, tecniche che risultano essere da una parte molto più economiche, ma che dall’altra presentano dei limiti dovuti sostanzialmente alle differenze metaboliche delle cellule batteriche rispetto a quelle animali. Per questo motivo è cresciuto largamente l’interesse per lo sfruttamento di tecniche di transgenesi per far produrre agli animali grandi quantità di molecole utilizzabili in terapia e prevenzione:farmaci, anticorpi o vaccini. La produzione di biomolecole può essere effettuata attraverso i liquidi biologici, tra cui il latte è senz’altro di più facile sfruttamento poiché viene prodotto in grandissime quantità. Tra queste biomolecole, alcune si trovano già a uno stadio avanzato di sviluppo (alcune addirittura in fase di approvazione per la vendita negli USA): si tratta di anticorpi policlonali e lattoferrina prodotti da bovini, fattore antitrombina III prodotto da capre e calcitonina prodotta da coniglie. Tuttavia a volte sono stati riscontrati alcuni effetti indesiderati negli animali impiegati per questi scopi, come per esempio inferiori produzioni di latte, inferiore durata della lattazione e infertilità.
- Modelli per la ricerca su malattie umane. Molte malattie hanno un’origine genetica, o comunque hanno nel genoma i fattori predisponenti. Negli esperimenti i modelli animali possono agevolare enormemente lo studio di alcune malattie, riproducendo determinati tratti del genoma umano che sono alla base di alcune patologie. L’uso di animali da laboratorio geneticamente modificati (tra i primi topi e ratti) è già diffuso per lo studio di una serie di malattie, principalmente il cancro.
- Xenotrapianti. Fra i vari settori di ricerca delle biotecnologie, uno in particolare riguarda lo studio di animali che possano essere sfruttati come donatori di organi per xenotrapianti. Essi sono trapianti di organi da una specie non umana all’uomo, e potrebbero rappresentare una nuova frontiera, considerando che la disponibilità di organi per gli allotrapianti (da uomo a uomo) è sempre inferiore alle richieste. Il suino è considerato la specie più adatta a questo scopo, perché presenta delle somiglianze anatomiche con l’uomo. Il maggiore ostacolo resta però quello immunologico, vi è cioè il rischio che l’organismo ricevente rigetti il trapianto producendo anticorpi contro l’organo trapiantato. Gli approcci transgenici puntano proprio a inibire le possibili reazioni anticorpali responsabili del rigetto. Altri studi hanno, invece, puntato sul trapianto di cellule o tessuti transgenici, che potrebbero offrire notevoli possibilità per la cura di diverse malattie, fra cui il morbo di Parkinson.
- Miglioramento delle produzioni animali. Le ricerche sulla transgenesi animale non si occupano però solo dell’aspetto d’interesse medico; alcune hanno, infatti, il fine di aumentare la redditività dell’allevamento. Il processo di modificazione genetica può quindi puntare a migliorare la qualità di alcune produzioni (ad esempio latte, lana), ad aumentare la produzione di carne, la prolificità o la resistenza alle malattie. Un esperimento risalente al 2003 ha dimostrato che è possibile modificare geneticamente le vacche in modo che producano un latte a più alto contenuto in caseina, una proteina essenziale nel processo di produzione del formaggio. Altri ricercatori, invece, hanno studiato, nel topo, la possibilità di produrre un latte a ridotto contenuto in lattosio, che potrebbe essere assunto anche da soggetti intolleranti.
Situazione attuale tra pro e contro.
«Nel 2000 noi non mangeremo più né bistecche,
né spaghetti col ragù. Prenderemo quattro pillole con gran semplicità: la fame
sparirà...». La canzonetta lanciata negli Anni ‘60 sulla scia di un’Odissea
della scienza che s’annunciava meravigliosa e quasi pronta a sfidare le
geometrie esistenziali, non ha visto avverarsi la sua profezia in banale rima:
il pianeta nel nuovo secolo è ancora, in molte parti, una mano tesa e uno
stomaco vuoto. E anche se quella scienza euforica ha più volte fatto naufragio,
è però riuscita a trovare, sovente spinta da potenti multinazionali, anche
porti nuovi. L’ingegneria genetica le ha consentito di compiere incursioni
nella struttura del materiale vivente, disarticolare architetture biologiche e
creare, così, chimere alimentari. Non “pillole”, ma nuovi cibi identificati da
molti come possibile toccasana per il mondo affamato e da molti altri, al
contrario, come frutti avvelenati d’una vera e propria strategia di conquista:
terreno di polemica rovente per una delle questioni cruciali del nostro tempo
sulla quale si scontrano opposte visioni in un intreccio che avviluppa etica,
filosofia, politica, informazione, implicazioni sanitarie e sociali, strategie
di business, rischi presunti o reali. (Francesco Sala, Professore Ordinario dell’Università degli Studi di
Milano, pubblicato su La Stampa
il 24 agosto 2004).
Gli OGM: dove e quando.
L’America
convive da anni con gli alimenti transgenici
e cisgenici; l’Europa, nascosta
dietro la sua preoccupazione, ha decretato che, nell’agricoltura convenzionale,
la contaminazione accidentale di organismi geneticamente modificati non possa
eccedere lo 0,9-1%; la posizione dell’Italia segue probabilmente la linea più
dura di tutto il vecchio continente. Proprio qui, infatti, aumentano sempre di
più Comuni e Regioni che si dichiarano “OGM
FREE”, forti anche dell’appoggio
degli agricoltori scesi in campo per esprimere il loro totale rifiuto nei
confronti del biotech, per il quale non ci sarebbe spazio né nei terreni, né
sugli scaffali dei supermercati, né sulle tavole dei consumatori.
Lo
scienziato-ricercatore provando a tratteggiare lo scenario alimentare mondiale
del futuro prossimo, parte da una valutazione: le biotecnologie in agricoltura
non avranno prospettive di buona riuscita né in Europa né in America. La
fabbrica delle chimere (gli OGM) spopolerà, invece, in Asia dove a sostenerla
non sono tanto i magnati degli affari mossi da smania di guadagno, ma gli
stessi Stati asiatici.
Da
cosa dobbiamo proteggerci?
Un luminare nel campo medico e della ricerca, Veronesi, sostiene un
manifesto contro la demonizzazione degli OGM, sottoscritto da diciannove
prestigiose società scientifiche italiane: «I cibi geneticamente modificati, oggi in commercio, sono assolutamente
sicuri, affidabili e innocui. Non nascondono alcun rischio per la salute
dell'uomo e degli animali. Dirò di più. Sono spesso più sicuri di molti
alimenti cosiddetti “naturali”, poco controllati. Personalmente, se in Italia
si potesse scegliere, preferirei nutrirmi di mais transgenico». (Pubblicato su La Repubblica il 4 novembre 2004).
Secondo
le società scientifiche che maggiormente si occupano di biotecnologie, dall'Accademia Nazionale delle Scienze, all'Associazione nazionale dei Biotecnologi, alla Società italiana di Tossicologia, “gli OGM sono regolati da un quadro normativo che non ha eguali in campo
alimentare e pertanto risultano essere più controllati di qualunque altro
prodotto alimentare. Andrebbe perciò abbandonato l'atteggiamento meramente pro
o anti OGM, a favore di un consenso razionale, proprio perché informato, sul
processo e sui prodotti derivati" secondo gli esperti, i consumatori,
invece di osteggiare ad ogni costo gli OGM, dovrebbero essere messi in guardia
riguardo i pericoli contenuti nei più comuni e diffusi alimenti. «Nel pesto tradizionale ligure, per esempio,
quello che si ottiene utilizzando piantine di basilico al di sotto dei dieci
centimetri, - denuncia Francesco Sala - c'è
una sostanza cancerogena, il metil-eugenolo, presente in dosi 600 volte
superiori ai valori ammessi dalle normative sanitarie».
Un
altro esempio ha come oggetto le aflatossine,
che fanno parte di quelle cinque o sei micotossine rintracciabili nel mais,
quindi nei mangimi animali e, al termine della catena alimentare, nel latte e
nella carne che fanno capolino sulle nostre tavole. Il rischio è reale ed
attuale, tant'è che la sola Lombardia ha distrutto il 20% della sua produzione
di latte poiché conteneva aflatossine oltre i livelli di soglia permessi, mentre
il mais OGM tanto contrastato ha un contenuto di aflatossine 10 o 15 volte
inferiore al mais biologico.
Piante geneticamente modificate (PGM).
I
geni eterologhi, cioè non naturalmente presenti nel genoma dell’organismo
possono appartenere sia ad un organismo diverso da quello ospite sia essere
costrutti chimerici comprendenti parti di geni differenti. L’espressione di
tali geni può essere variamente regolata da promotori dell’organismo ospite o
da promotori anch’essi eterologhi.
Nel
momento in cui questi procedimenti trovano applicazione nel regno vegetale,
abbiamo la possibilità di regolare la produzione di piante geneticamente
modificate (PGM). Attualmente il
numero di PGM utilizzate in agricoltura supera largamente la dozzina di specie
e tra esse non presenziano più solo le major crops, coltivate
estensivamente su tutto il pianeta, ma anche specie che crescono solo in
determinate regioni del pianeta (mango, banana, papaya), spesso legate a
tradizioni culturali e ad esigenze alimentari locali.
Applicazioni delle PGM.
L’attuazione
pratica delle biotecnologie nell’agricoltura trova limite solo nella fantasia
dei ricercatori e nelle conoscenze nel campo della biologia molecolare e della
biochimica dei sistemi vegetali. Le piante
rappresentano da millenni una risorsa biologica, e sono ancora in grado di catalizzare l’attenzione
essenzialmente per la loro capacità di produrre grandi quantità dei più
svariati composti chimici e per la praticità di coltivazione.
L’ingegneria genetica fornisce alle piante caratteristiche
e valori addizionali. Le piante GM (geneticamente modificate) di PRIMA GENERAZIONE presentano vantaggi per il produttore (tolleranza agli erbicidi,
resistenze a insetti e virus, tolleranza alle malattie, maturazione e
senescenza ritardate). Quelle di SECONDA
GENERAZIONE presentano, invece, caratteristiche d’interesse per il
consumatore (alti valori nutrizionali, arricchimento della composizione
amminoacidica, qualità superiore, e minore allergenicità). Tra di esse vi sono,
ad esempio, lattughe arricchite in
ferritina, mais con un quantitativo
incrementato di lisina (un amminoacido essenziale), riso con aumentati livelli di triptofano oppure soya arricchita di acido oleico o con un
limitato contenuto di acido linolenico. Per quanto riguarda l’aspetto
dell’allergenicità, sono stati prodotti risi
con ridotto contenuto di albumina e glutelina (orizeina).
Con la TERZA GENERAZIONE, infine, l’attenzione è rivolta
alla salute (vaccini, anticorpi e proteine farmacologiche). Ricordiamo tra i
vaccini, quello per l’epatite B e per l’agente
di Norwalk prodotti entrambi nei pomodori,
mentre gli spinaci sono stati
sfruttati per generare il vaccino anti-rabbico. A livello della pianta di tabacco, sono stati prodotti gli
anticorpi contro il linfoma di Hodgkin’s, e quelli contro la carie dentale. È
importante citare, inoltre, la produzione in Arabidopsis del Fattore
Intrinseco, un composto prodotto a livello delle fossette gastriche che è in
grado di legarsi stabilmente alla vitamina B12 (essenziale per la creazione
degli eritrociti) impedendo che venga distrutta dall’elevata acidità (Powell K. 2007).
PGM di
seconda generazione.
▶Golden Rice
Questo tipo di riso è stato così chiamato a
causa del colore giallo brillante che assume l’aleurone (il chicco di amido), in seguito all’inserimento di un
gene per la sintesi del β-carotene a livello dell’endosperma. I
ricercatori sono stati in grado di manipolare geneticamente una varietà di riso
giapponese da laboratorio (il Taipei 309, adatto sia al clima temperato
dell'Europa sia a quello caldo-umido delle aree tropicali) introducendo una via
metabolica che ha come fine la conversione di una porzione di un precursore
ormonale (il geranyl geranyl difosfato, GGPP) presente nel riso, in
β-carotene che viene poi trasformato all'interno dell'organismo umano in
vitamina A.
Questa sostanza, chiamata anche retinolo, è un micronutriente
liposolubile abbondantemente contenuto in uova, fegato e burro. Il β-carotene fa parte di quell’ampia famiglia
di carotenoidi, i precursori della
vitamina A prodotti in frutta e verdura di colore verde e giallo; i carotenoidi
vengono convertiti in retinolo solo dopo la loro assunzione attraverso la
dieta. In particolare, i carotenoidi di origine vegetale presentano alcuni
vantaggi rispetto al retinolo di origine animale, poiché un eccesso di retinolo
può condurre ad un eccesso di vitamina A che diventerebbe tossica, mentre i
carotenoidi richiedono complessi metabolici per essere convertiti.
Una carenza di vitamina A (Vitamin A Deficiency, VAD) può causare
cecità notturna, xeroftalmia, cheratomalacia, deficienze nella crescita ossea e
indebolimento nel sistema immunitario. Gli effetti clinici della VAD sono
inversamente proporzionali con l’età del paziente cosicché nei bambini la
mortalità raggiunge il 50%.
Il pathway metabolico della via biosintetica
dei carotenoidi è stato studiato approfonditamente sia nei batteri sia nelle
piante. In modo particolare nelle piante, i carotenoidi vengono sintetizzati a
partire dal GGPP (geranilgeranildifosfato) all’interno dei
plastidi. L’enzima Fitoene Sintetasi (PSY) catalizza la formazione di fitoene da due molecole di GGPP; il
fitoene creatisi, a sua volta, è convertito a ζ-carotene (theta-carotene) per opera della Fitoene Denaturasi e
successivamente a ProLicopene
mediante la ζ-Carotene Denaturasi . La Carotene CisTrans Isomerasi catalizza la trans
isomerizzazione del ProLicopene a TransLicopene che mediante la Licopene
Ciclasi ( LCY)
viene converito ad α e β carotene (Krawinkel MB. 2007)
La prima versione del Golden Rice era in
grado di apportare il 15-20% dell’RDA per la vitamina A, nella seconda i
livelli erano fino a venti volte più alti. Quello che ancora non sappiamo è
come esso possa contribuire positivamente alla nutrizione umana in quelle aree
dove vi è una radicata carenza di vitamina A, come l’India e altri paesi del
Sud Est Asiatico e in Africa. Risolvere il problema vitale della deficienza
della vitamina A è cruciale per milioni di esseri umani nel mondo, che soffrono
di immuno-deficienze e problemi alla vista che possono facilmente sfociare in
cecità.
▶Golden Potato
La Golden potato è un prodotto
derivato dall’analisi di 86 linee indipendenti di patate transgeniche,
modificate nella via di sintesi del β-carotene e testate per il suo contenuto.
Il bersaglio di questa manipolazione sono stati tre geni in particolare, le cui
diverse combinazioni potevano tradursi in un aumento più o meno accentuato
della sintesi di β-carotene (Diretto
G. et Al. 2007).
Caratteristica
della “patata d’oro” è un contenuto in β-carotene 3600 volte maggiore di quello
presente nelle comuni patate. Poiché il β-carotene è una molecola utilizzata
nel processo di sintesi della vitamina A, si stima che 250 gr. di “patata d’oro” assicurino il 50% della dose giornaliera raccomandata di
questa sostanza (RDA). Per assumere la stessa quantità di vitamina A sarebbe
necessario mangiare una quantità pari a circa 900 Kg della varietà
originaria (Desirèe).
Grazie
a questa proprietà, la Golden potato ha stabilito un nuovo primato in
ambito biotecnologico: il più alto contenuto in b-carotene
tra quelli misurati nelle principali fonti caloriche per l’alimentazione umana,
cioè grano, riso e mais.
All’indubbia
importanza scientifica, si deve aggiungere la valenza socio-economica che la
patata d’oro potrebbe potenzialmente ottenere riguardo al problema della
denutrizione che affligge pesantemente i paesi in via di sviluppo. Poiché la
povertà estrema continua a limitare l’accesso al cibo alla maggior parte della
popolazione mondiale, l’obiettivo a cui mirano le biotecnologie è quello di
rendere il cibo, soprattutto quello più facilmente coltivabile, quanto più
nutriente possibile. Da questo deriva lo sforzo di creare piante transgeniche
che abbiano un massimo contenuto nutritivo.
Fondamentale
aspetto economico risulta essere la mancanza di brevetto per la Golden
Potato, il che
permette a tutti i Paesi che ne necessitano di usufruire dei vantaggi di questa
varietà biotech senza un aggravio economico.
▶Soia arricchita in amminoacidi
solforati.
Uno
dei rischi potenziali legato alla modificazione genetica delle piante ad uso
alimentare è che l'inserto genico porti alla produzione di proteine non
naturalmente presenti nella pianta che potrebbero causare reazioni allergiche
in soggetti predisposti.
Questo
evento è purtroppo già avvenuto nella storia degli OGM, in particolare nella
fase di sviluppo di una varietà di soia geneticamente modificata tramite l'inserimento di un gene
proveniente dalla noce del Brasile (contenuta in un frutto delle
dimensioni di un’arancia, contenente da otto a ventiquattro noci e tipico della
foresta tropicale) per migliorare il tenore in aminoacidi solforati (metionina
e cisteina).
Durante lo sviluppo è emerso che la proteina codificata dal gene inserito (Albumina 2S) era il principale allergene
della noce. Alla luce di questi risultati la ricerca su questa varietà è stata
abbandonata (Tu HM
et Al. 1998). Poiché questo tipo di problema potrebbe
presentarsi anche in altre specie, l'analisi di tale potenziale di rischio è
per legge obbligatorio non solo nelle fasi di sviluppo dei nuovi OGM, ma anche
nelle procedure di autorizzazione.
Oggi,
infatti, grazie alle conoscenze acquisite dall'allergologia, è in parte
possibile prevedere se una nuova proteina potrà avere o meno un potenziale
allergenico. Inoltre, è previsto un piano di monitoraggio post-autorizzativo
che consente in ogni momento di verificare la validità della valutazione e,
qualora emergessero problematiche, di ritirare il prodotto per ulteriori
verifiche.
▶Pomodoro Flavr Savr
Il pomodoro transgenico Flavr Savr TM ha la caratteristica di
maturare e quindi di marcire meno velocemente rispetto ai pomodori naturali. I
meccanismi per ritardare la maturazione si basano ancora una volta
sull’introduzione di geni in antisenso che impediscono la sintesi di
determinati fattori nel metabolismo dell’etilene. In quest’ottica sono stati
prodotti pomodori in cui la sintesi dell’etilene è inibita attraverso il
silenziamento dei geni deputati alla sua sintesi (ACC sintetasi o ACC ossidasi);
ma vi sono anche prodotti in cui viene inibito il recettore dell’etilene e,
conseguentemente, la cascata di eventi a valle viene impedita. In alternativa
vengono inibiti enzimi che, in natura, sono attivati indirettamente
dall’etilene e che hanno la responsabilità della degradazione della parete
cellulare, come, ad esempio, la poligalatturonidasi.
Ogni
cellula del pomodoro Flavr Savr
contiene due geni estranei: il primo fa sì che la parete cellulare si
decomponga più lentamente (in modo che il processo di decomposizione abbia un
decorso rallentato), il secondo gene, invece, contiene le istruzioni per la
resistenza ad un antibiotico, una proprietà non necessaria ai fini alimentari,
ma utile per alcune verifiche di laboratorio. Il Flavr Savr è un pomodoro industriale, concepito per una produzione
completamente razionalizzata e in grado di resistere ai lunghi tempi di
trasporto e stoccaggio.
In
realtà, il Flavr Savr possiede anche
lati tutt’altro che positivi: è stato senza dubbio provato che le pareti
cellulari si decompongono più lentamente, ma tutti gli altri processi di
invecchiamento procedono secondo i bioritmi normali, col risultato che le
vitamine e le altre sostanze fisiologicamente importanti come minerali e
antiossidanti svaniscono con la stessa velocità dei pomodori naturali.
Tuttavia, per le aziende produttrici l'importante è che il pomodoro Flavr Savr appaia fresco e sodo, e poco
importa se, in realtà, possiede un valore nutritivo praticamente nullo. Ad
essere precisi, quindi, non è la durata del pomodoro ad essere prolungata, ma
il suo processo di immarcimento. "Questo pomodoro è ormai divenuto il
simbolo di una degenerazione che in futuro osserveremo sempre più spesso poiché si afferma che questo prodotto,
geneticamente modificato, non invecchia: in realtà invecchia eccome, ma senza
darlo a vedere. In questo modo, il primo e più importante requisito della buona
cucina, quello appunto della freschezza dei prodotti, diventa una mera e
ridicola farsa."
La vicenda del pomodoro Flavr Savr,
narrata ne Il primo frutto (Sironi editore, 2003), è
paradigmatica per molti degli aspetti che caratterizzano il dibattito odierno
attorno alle biotecnologie, e in particolare riguardo agli alimenti prodotti a
partire da OGM. La storia trattata è ambientata nel 1994, quando una piccola e aggressiva azienda biotech, la Calgene Inc.,
batte sul tempo la concorrenza e lancia sul mercato statunitense il primo OGM,
un pomodoro modificato geneticamente in modo che il suo processo di maturazione
risulti rallentato. Il successo nelle vendite è immediato e supera le
aspettative, tanto che l’azienda fatica a star dietro agli ordinativi. Un paio
d’anni dopo però il Flavr Savr è ritirato dal commercio. E la Calgene, sull’orlo della
bancarotta, viene acquisita dalla Monsanto.
Nel frattempo però, avendo approvato il pomodoro Flavr Savr, la Food and
Drug Administration (l’organo che negli Stati Uniti disciplina la
messa in commercio di alimenti e farmaci) ha aperto il mercato statunitense
agli OGM.
PGM
di terza generazione.
La produzione di medicinali a partire da piante
è una tecnica di recente sviluppo, che offre prospettive incoraggianti sia sul
piano medico sia su quello economico, trovando sempre più numerose applicazioni
concrete (Keiko
et Al 2006). Le piante, infatti, garantiscono un alto
grado di sicurezza sanitaria, evitando tutti i problemi legati a possibili
trasmissioni di virus che sono, invece, tipici delle biotecnologie che
utilizzano molecole umane. Le piante, inoltre, hanno un'elevata capacità
produttiva; ciò permetterà in una fase più avanzata di produrre farmaci meno
costosi rispetto a quelli di sintesi (Charles
Arntzen et Al. 2005).
▶Lipasi gastrica nel mais e nel tabacco.
I ricercatori che collaborano con la società Meristem Therapeutics, situata nel centro della Francia, hanno prodotto
proteine del sangue, vaccini e medicinali utilizzando soprattutto piante di
tabacco e di mais. Il prodotto più significativo è una lipasi gastrica destinata alla cura della mucoviscidosi dei bambini.
Il gene produttore della lipasi è stato prima
isolato in laboratorio (dal canis canis, il cane comune) e poi introdotto nelle
piante del mais che sono state fatte rigenerare e prodotte in lotti di terra,
mettendo poi a punto le fasi d'estrazione della proteina e della sua
purificazione. Sarebbero necessari 240 ettari di terreno coltivato a mais per
produrre una tonnellata di lipasi. Allo stato attuale dei fatti, questa
tecnologia è in fase di sperimentazione clinica.
Il gruppo Limagrain,
cooperativa di agricoltori e proprietaria del 30% del capitale di Meristem, gestisce la produzione della
semenza e del mais.
Quando la produzione di lipasi avrà ottenuto
tutte le autorizzazioni per l'immissione sul mercato, Meristem potrà iniziare la produzione della molecola a livello
industriale. Per quanto riguarda la commercializzazione della lipasi, Meristem si è associata al gruppo Solvay Pharmaceutical con la speranza di immetterla sul mercato entro
cinque anni (Zhong Q. et Al 2006).
▶Enterotossina LT-B nelle patate
Una
delle frontiere più promettenti e affascinanti della biotecnologia vegetale è
costituita dalla possibilità di far produrre alle piante vari tipi di vaccini.
Infatti, così come è possibile intervenire per migliorare o far esprimere ex
novo determinate caratteristiche, ora si possono anche inserire nel DNA di
frutta e verdura (ma non solo) geni necessari all’espressione di fattori
immunizzanti, in modo che risultino espressi nelle parti commestibili del
vegetale (Tacket CO.
2005).
La
produzione di vaccini in piante alimentari è senza dubbio molto più economica
rispetto a quella effettuata in batteri, funghi, cellule di insetto o di
mammifero. Le piante commestibili, infatti, possono anche servire come sistema
di somministrazione orale dei vaccini stessi, rendendo possibile una forte riduzione
dei costi concretizzata nella distribuzione dei vaccini nel terzo mondo.
Recentemente
sono stati condotti due tipologie di studi di Fase-1, il primo su patate
transgeniche che esprimono la subunità B dell’enterotossina labile al calore (LT-B) di Escherichia coli (ETEC)
e il secondo su patate che esprimono la proteina del virus Norwalk.
È
vicina la valutazione umana anche per nuovi vaccini orali prodotti in altri
tipi di piante transgeniche. La produzione di vaccini nel latte è, invece, per
ora possibile nei conigli, che vengono trasformati geneticamente con il gene
codificante per la proteina d’interesse, preceduto da un tratto di DNA (detto promotore) che permette la produzione di
tale proteina specificamente nelle ghiandole mammarie dell’animale (Daley A et Al.2007).
▶Autoantigeni in patata e tabacco per la tolleranza
orale nel Diabete I.
Negli
ultimi anni, la ricerca sta puntando ad ottenere la sintesi di quantità
sufficienti di vaccino all'interno di ogni singola pianta, ma la sfida maggiore
nasce dal bisogno di avere sostanze in grado di rimanere intatte, una volta
ingerite, fino al momento dell’auspicata
reazione di difesa, e possibilmente in grado di innescare altri importanti
meccanismi, quali l’immunità mucosale e il blocco dell'autoimmunità. La prima è propria delle membrane di
rivestimento delle vie respiratoria, digerente e riproduttiva, e produce una
reazione generale dell’organismo donandogli la capacità di conservare la
memoria degli “intrusi” da combattere (l’ingestione dei vaccini basterebbe per
ottenere questo tipo di risposta); l'autoimmunità, invece, si manifesta quando
le proteine prodotte dal corpo umano vengono erroneamente riconosciute come
elementi estranei (autoantigeni): una
delle forme più comuni di questa aberrazione è il diabete di tipo I, nel quale
sono le proteine secrete dal pancreas (e produttrici di insulina) ad essere
distrutte.
Il
ruolo dei vaccini commestibili contro l'autoimmunità è strettamente legato al
fenomeno della tolleranza orale, grazie al quale l'assunzione
degli stessi autoantigeni, tramite frutta o verdura, porterebbe alla loro
accettazione da parte del sistema immunitario. La tolleranza orale è, infatti,
la difesa dell'organismo contro gli antigeni negli alimenti, regolata dalla
natura stessa, con parametri per affrontare minacce che rientrano
nell'equilibrio naturale.
I
vaccini derivati dalle piante sono adattati per far intervenire il sistema
immunitario della membrana mucosa a seguito dell'assunzione orale. I vaccini
orali però possono incrementare il livello della tolleranza orale solo a
seguito di un'esposizione ripetuta (Mokrzycki-Issartel N.
et Al. 2003).
Se
il sistema immunitario orale funziona, l'introduzione di alimenti guasti
provoca immediatamente il vomito. Dopo l'esposizione ripetuta ad un antigene
orale, il sistema immunitario della membrana mucosa non riconosce più
l'antigene come tale, lasciando l'organismo indifeso dagli attacchi dell'agente
patogeno, da cui il vaccino dovrebbe proteggerlo.
L'elevazione
dei livelli della tolleranza orale è stata già usata per trattare malattie del
sistema immunitario come il diabete, alimentando i pazienti con le piante che
producono un antigene in grado di sollecitare il sistema immunitario.
L'innalzamento dei livelli di tolleranza orale agli agenti patogeni è uno dei
danni principali che derivano dalla contaminazione delle nostre risorse
alimentari con i geni dei vaccini, mentre gli anticorpi terapeutici, anch'essi
esternati nelle piante, compromettono la risposta spontanea del sistema
immunitario. Questi due effetti sono discussi raramente dai sostenitori della
modificazione genetica delle piante o dalle pubblicazioni scientifiche che
segnalano gli studi (Ma S. et Al. 1999)
Il
progresso scientifico in questo campo potrebbe aprire scenari insperati
specialmente nei Paesi sottosviluppati, per i quali i vaccini convenzionali
sono spesso costosi e di difficile accesso; mentre la distribuzione di piante
immunizzanti come patate, tabacco, banane, pomodori, riso e mais costituirebbe
l'accesso diretto ed economico a migliori condizioni sanitarie da parte di
milioni di persone. Tutto ciò troverebbe un riscontro positivo solo a patto che
si valutino attentamente le caratteristiche di ogni specie vegetale (meglio in
questo senso utilizzare piante a crescita rapida e cibi crudi e poco
deperibili) e che s’intenda investire correttamente nella distribuzione,
rinunciando a facili tentazioni monopolistiche.
Conclusioni.
Occorre prima di tutto ribadire alcuni concetti. Il nostro lavoro non si prefigge il compito di fare campanilismo o promozione degli OGM, ma semplicemente di dare una visione d’insieme riguardo tale argomento, oggi più che mai di grande interesse. Trattando di attualità, ricordiamo che proprio in quest’ultimo periodo le discussioni in merito hanno avuto toni particolarmente accesi: a partire dal 15 settembre 2007 e per un intero mese è stata attuata una consultazione volontaria, indetta da 31 associazioni della Coalizione ItaliaEuropa “LIBERI DA OGM”, per un modello agroalimentare di qualità; e nella giornata del 24 ottobre 2007 la Commissione UE ha dato il via libera al commercio di mais e barbabietola biotech. A noi non resta che trarre le conclusioni.
Esistono indubbiamente rischi reali e rischi
potenziali per la salute dell’uomo. Quello di maggior interesse è l'aumento delle
resistenze agli antibiotici da parte dei batteri, argomento molto dibattuto su
cui però non esistono vere e proprie evidenze scientifiche. Molte osservazioni
hanno comunque fatto risaltare come le resistenze agli antibiotici si stiano
rapidamente diffondendo, ma non solo in relazione al consumo di OGM. Il
passaggio di geni che codificano per resistenze ad antibiotici da un organismo
all'altro è un fenomeno possibile in natura e già verificatosi. Rimane ancora
in sospeso l’eventualità che tale fenomeno possa avvenire anche tra un alimento
OGM e i batteri della flora intestinale umana.
Ne
è un esempio il caso avvenuto anni fa negli USA che portò alla morte di 37
persone, a seguito dell'assunzione di un integratore contenente triptofano
ottenuto da batteri ingegnerizzati. La modificazione genetica aveva comportato
un'alterazione nel metabolismo dei batteri con la comparsa di metaboliti
secondari tossici del tutto sconosciuti ed imprevisti.
Considerando
che ancora oggi il trasferimento di geni da un organismo all'altro è un
meccanismo non ben compreso e non totalmente sotto il controllo dei ricercatori,
è facile immaginare che il gene inserito in alcuni punti del DNA possa
comportare sconvolgimenti a livello metabolico o addirittura attivare geni
silenti o inattivare geni produttivi con conseguenze imprevedibili.
Esistono, inoltre, molte
certezze sulle potenzialità allergeniche di alcune nuove proteine che originano
da geni introdotti artificialmente in prodotti alimentari. L'inserimento negli
alimenti di tali geni, che non hanno mai fatto parte della dieta umana,
potrebbe portare alla comparsa di molte allergie. Sarebbe quindi un fenomeno
imprevedibile, poiché non sappiamo qual è la quota di soggetti allergici ad una
determinata sostanza che non è mai entrata in contatto con l'organismo umano.
Comportamento del pubblico.
La
fiducia degli europei e degli italiani nei confronti degli OGM è minima, ed è tale
ormai da tempo.
Già
nel 2002, secondo Eurobarometro,
in Italia, una persona su due bocciava senza appello i cibi geneticamente
modificati; mentre test genetici e clonazione terapeutica risultavano promossi
a pieni voti. Dall’indagine emergeva che gli italiani già allora erano più
ottimisti degli altri europei nei confronti del biotech, ma si opponevano ai
prodotti ritenuti futili o dietro ai quali si possono nascondere forti
interessi economici, come gli organismi transgenici. Ma non è l’OGM in sé a far
paura: il pubblico, infatti, si dichiara favorevole al loro impiego per la
produzione di enzimi come additivi per detersivi meno dannosi per l’ambiente.
Alta, invece, l’opposizione verso i prodotti ritenuti superflui o utili solo ad
alcuni gruppi, come le multinazionali.
Nei
primi mesi del 2004 un’ulteriore indagine della Coldiretti-Ispo, che interessava dati riferiti all’anno precedente,
sulle “opinioni
degli italiani sull'alimentazione”, mostrava che solo un
italiano su dieci (i1 13%) era disponibile a consumare alimenti contenenti
ingredienti OGM, a condizione, però, di ottenere uno sconto rilevante nel
prezzo di acquisto; mentre più della metà dei consumatori (il 53%) dichiarava
che non avrebbe acquistato alimenti biotech, neanche se fossero costati più del
20% in meno rispetto a quelli tradizionali.
Gli intervistati
ammettevano di sentirsi scarsamente informati sull'argomento (il 45,6%) e
volenterosi di avere più elementi di conoscenza. Emergeva, infine, che non si
trattava di una scelta ideologica, in quanto il 55,3% era favorevole alla
coltivazione degli OGM, a condizione che non ci fosse rischio di contaminazione
verso le altre colture.
Nell’ottobre del
2005 emergeva una crescente attenzione alle caratteristiche qualitative dei
cibi, dovuta alle preoccupazioni per le emergenze sanitarie, scoppiate col caso
dell’influenza aviaria. Otto italiani su dieci (il 75% del totale) acquistarono
in quell’anno prodotti alimentari con origine territoriale controllata (Dop, Docg),
sette su dieci (il 68%) cibi biologici e quasi il 60% prodotti garantiti per
l'assenza di organismi geneticamente modificati (OGM FREE).
Oggi, 62 cittadini
su 100 appartenenti all’Unione Europea si dicono preoccupati per la presenza di
organismi geneticamente modificati in alimenti e bibite, e in Italia la
proporzione sale addirittura a 77 su 100.
Il no agli OGM non
s’incrina neanche di fronte a una prospettiva d’immediato vantaggio: il 38%
degli europei non li vorrebbero “nemmeno se fossero più sani”, il 41% “nemmeno
se contenessero meno pesticidi” o “se fossero più eco-compatibili”. Neppure
l’approvazione da parte di un’autorità competente o la maggiore convenienza
economica sembrano essere garanzie di affidabilità (rispettivamente il 48% e
56% sarebbero ugualmente contrari).
Maggiore fiducia è,
invece, riservata alle biotecnologie in campo medico. Il 59% degli intervistati
si dice favorevole all’uso di cellule embrionali (contro un 26% che disapprova),
e la percentuale sale al 65% quando di parla di cellule staminali provenienti
dal cordone ombelicale. I dati segnalano un generale aumento di consenso
intorno alla ricerca biomedica e alle biotecnologie nel loro complesso. In
particolare, fra il 1999 e il 2005, gli europei hanno guardato con più
ottimismo allo sviluppo delle nanotecnologie, della farmacogenenetica e della
terapia genica, considerate utili al miglioramento della qualità della vita.
2002
|
EUBAROMETRO in ITALIA
|
NO agli OGM
|
50 %
|
2004
|
COLDIRETTI-ISPO in ITALIA
|
Sono disposto a consumare
prodotti con ingredienti OGM solo se scontati
|
13 %
|
Non sono disposto a consumare
prodotti con ingredienti OGM
|
53 %
|
Non sono abbastanza
informato sugli OGM
|
45,6 %
|
Sono favorevole alle
coltivazioni OGM se non contaminano le altre colture
|
55,3 %
|
2005
|
In ITALIA
|
Ho acquistato prodotti a
origine territoriale controllata
|
75 %
|
Ho acquistato prodotti
biologici
|
68 %
|
Ho acquistato prodotti OGM
FREE
|
60 %
|
2006
|
COLDIRETTI in ITALIA
|
Gli OGM più
resistenti ai parassiti e/o per accrescere le rese sono l’innovazione più
rivoluzionaria e interessante
|
4,1 %
|
2007
|
|
In ITALIA: Sono preoccupato
per cibi e bevande OGM
|
67 %
|
In EUROPA: Sono preoccupato
per cibi e bevande OGM
|
63 %
|
Non acquisterei prodotti OGM
neanche se più sani
|
38 %
|
Non acquisterei prodotti OGM
neanche se non contenessero pesticidi
|
41 %
|
Non acquisterei prodotti OGM
neanche se approvati da autorità competenti
|
48 %
|
Non acquisterei prodotti OGM
neanche se più convenienti
|
56 %
|
Non
comprerò più prodotti biologici se sarà ammessa la contaminazione con OGM nello
0,9% senza indicazioni in etichetta
|
60,1 %
|
Comprerò
più prodotti biologici se sarà ammessa la contaminazione con OGM nello 0,9%
senza indicazioni in etichetta
|
12,7 %
|
Sono favorevole all’uso di
cellule embrionali
|
55 %
|
Non sono favorevole all’uso
di cellule embrionali
|
26 %
|
Sono favorevole all’uso di
cellule embrionali del cordone ombelicale
|
65 %
|
(http://www.coldiretti.it)
Le regole per
l’etichettatura dei prodotti contenti ingredienti OGM vengono contestate da
molti, e difese da quelli che sono convinti, invece, che la ricerca sugli OGM
deve essere comunque garantita, in quanto espressione della libertà della
ricerca. Ma i detrattori sostengono che la
libertà della scienza non può diventare il paravento dietro cui si nascondono
interessi specifici e comportamenti spregiudicati. Oggi la concezione della
ricerca e della scienza come dominio esclusivo di pochi specialisti, “troppo
esperti” per confrontarsi col pubblico, è un mito ormai superato dai fatti. Tuttavia,
spesso il grande pubblico non è sufficientemente informato riguardo agli OGM:
troppe volte si è a conoscenza solamente del parere dei contrari (GREENPEACE per fare un esempio) e, in
molti casi, il livello d’istruzione del pubblico rende complicato spiegare nei
termini più semplici possibili il difficile argomento, senza dover cadere nelle
solite banalizzazioni.
Il 24 ottobre
2007, la Commissione Europea
ha dato il via libera definitivo al commercio del mais transgenico 59122, chiamato anche Herculex Rw, su cui i ventisette Stati
membri non sono riusciti ad avere né una maggioranza a favore né una contraria.
Con il consenso di Bruxelles, è terminata la lunga procedura di autorizzazione,
la cui decisione è rimasta nelle mani della sola Commissione Europea, proprio
per l'impossibilità del Consiglio dei ministri Ue di trovare sulla questione
una posizione comune. Il via libera riguarda anche altri tre alimenti biotech:
si tratta della commercializzazione sul mercato europeo di una barbabietola da
zucchero geneticamente modificata (l'H7-1)
e di altri due mais ibridi biotech (il 1507xnk603
e il 603xmon810).
Complessivamente salgono a diciotto
i nuovi OGM che sono stati autorizzati all’interno della Ue dal 2004 ad oggi.
Di questi solo otto hanno avuto l’autorizzazione per l’uso nella preparazione
di foraggi (quattro varietà di mais, tre di rape e una di soia). Tuttavia, nessun OGM è stato ancora
autorizzato per la coltivazione.
E’ interessante
osservare, come tale approvazione abbia preoccupato il responsabile del tavolo
agroalimentare della Ue, Ludger Fischer, secondo il quale sarebbe ora a rischio
anche la semplice pizza: «In Europa ci si concentra soprattutto sull'etichetta
per individuare la presenza di OGM nei prodotti», una situazione che, secondo
Fisher, non ci mette al riparo da inconsapevoli degustazioni biotech, come
appunto nel caso della pizza. Potenziali rischi sono legati, dice l'esperto Ue,
alla farina di granturco che «non ha OGM approvati» in Europa e che pertanto
«ha pochi obblighi di etichettatura». «Il lievito, aggiunge, è quasi tutto OGM,
per aumentarne il potere di lievitazione». Ma anche in questo caso «non ci sono
obblighi di etichettatura». Poi gli additivi del gusto, «enzimi e acidi di
soia». Quest'ultimi, riferisce Fischer, «sono approvati dall'Unione Europea», e
in questo caso «il produttore ha l'obbligo di indicarlo in etichetta». Manca il
formaggio: «potrebbe contenere enzimi OGM, rileva il responsabile Ue, ma,
siccome vengono distrutti dal processo produttivo, non c'é l'obbligo di
etichetta». E poi l'olio: «Questo, dice Fischer, è un punto delicato. Quelli di
soia e di colza hanno una grande produzione a livello mondiale di OGM. Mentre
non c'è produzione in Europa», che pure consente «l'importazione e
l'esportazione» e «permette l'arrivo di questi prodotti».
Proprio all’interno dell’Unione Europea, oggi, un OGM o un
prodotto derivato da OGM può essere messo sul mercato solo dopo aver ottenuto
un’autorizzazione scritta che coinvolge tutti gli stati membri; essa può essere
raggiunta col superamento di una dettagliata procedura basata su una
valutazione scientifica dei rischi per la salute e l’ambiente; il prodotto
viene, inoltre, controllato per assicurarsi che non pregiudichi gli interessi
dei consumatori.
La coltivazione delle piante GM potrà però avere delle
implicazioni per l’organizzazione delle produzioni agricole. Il passaggio del
polline tra campi adiacenti è, infatti, un fenomeno naturale. A causa delle
esigenze di etichettatura per il cibo e i mangimi GM, questo fatto potrebbe
avere delle conseguenze economiche per i coltivatori che vogliono produrre
piante tradizionali destinate all’alimentazione. La coesistenza di colture
tradizionali e colture OGM permetterebbe agli agricoltori di poter scegliere
tra produzioni convenzionali, organiche e colture OGM in conformità con gli
obblighi legali per l’etichettatura e gli standard di “purezza” del prodotto.
Interazione fra nutrizione e genoma.
Gli
esseri viventi sono il risultato dell'interazione fra l’ambiente interno e
quello esterno. Il DNA umano, racchiuso in 46 cromosomi, è il fattore interno
primario che regola la specie, la durata della vita, le risposte all'ambiente
esterno. Nei geni sono dunque scritte tutte le caratteristiche dell'essere
vivente; però, questi geni non si esplicano tutti contemporaneamente, ma la
loro espressione è regolata da fattori esterni al DNA.
Se
si pensa che un individuo nell'arco della sua vita introduce circa duecento
tonnellate di cibo, è ovvio pensare che la nutrizione rappresenti un fattore
esterno di notevole rilevanza nell'interazione ambiente-espressione genica. È già
conosciuta l'interazione tra alcuni metalli pesanti induttori (rame, zinco) e
geni specifici che sono anche regolati dalla quantità di metalli pesanti
presenti nella dieta, che svolgono la loro azione penetrando nel nucleo della
cellula.
Allo
stesso modo, la quantità di ferro assorbito dalla cellula può influenzare,
attraverso l'interazione con proteine specifiche, l'espressione di due geni
coinvolti nel metabolismo cellulare del ferro.
Nel
favismo, la carenza dell'enzima glucosio -6- fosfato-deidrogenasi, si
manifesta quando questi individui mangiano fave. Tali legumi contengono
glucosidi ossidanti resistenti anche alla cottura e quindi, l'interazione tra questi
e il DNA di tali soggetti causa crisi emolitica; sono quindi proprio questi
glucosidi alimentari che regolano l'espressione di geni specifici. Esistono in
letteratura molti altri esempi d’interazione fra il genoma e nutrienti o
molecole non nutrienti presenti in alcuni alimenti, i quali possono agire
direttamente sull'espressione di uno o più geni a diversi livelli.
Detective
OGM.
I denigratori
degli OGM, come GREENPEACE, divulgano
le loro idee diffondendo volantini che ricordano
al consumatore di controllare le etichette apposte sui prodotti, e che dai
cereali, ai cibi pronti fino a margarine e oli vegetali, gli ingredienti e gli
additivi ottenuti da Organismi Geneticamente Modificati, quali soia e mais,
possono essere utilizzati in centinaia di altri prodotti alimentari.
In
Europa, dove il consumatore generalmente rifiuta gli alimenti OGM, ricordano, inoltre,
che la maggior parte della soia e del mais OGM finiscono nei mangimi animali.
Questo significa che gli OGM possono “infiltrarsi di nascosto nei nostri carrelli
della spesa se mangiamo carne, uova, o latte e suoi derivati”.
Sollecitano
i consumatori a diventare “Detective OGM”,
consigliando che, nel caso si venisse a conoscenza di un prodotto etichettato
OGM, si prenda nota del nome del prodotto e del produttore, del nome e
dell’indirizzo del supermercato, la data di quando è stato trovato il prodotto
in questione e l’ingrediente OGM segnalato sull’etichetta. Il consumatore è
sollecitato a esprimere apertamente il suo rifiuto agli OGM spedendo una
lettera di protesta al negoziante o produttore alimentare e richiedendo la
vendita di alimenti non contenenti OGM.
L’attualità più recente.
Che l’Italia sia del tutto contraria agli OGM non è certo una
novità, e non dovrebbe quindi sorprendere l’ultima richiesta tutta italiana, ma
appoggiata da altri tredici stati membri europei, di bloccare ogni
autorizzazione Ue alla coltivazione o importazione di OGM. Il fine è quello di
modificare le normative vigenti per poter garantire ai cittadini più controlli
sui rischi per la salute e quindi una maggiore trasparenza. In realtà, è
intenzione finale del sottosegretario all’Ambiente Marchetti lanciare
un’iniziativa per una vera e propria moratoria del transgenico. La volontà di
impedire il transgenico trova campo fertile nel timore, più o meno motivato,
che anche biodiversità, sapori e paesaggi vengano messi a repentaglio dalle
tecniche genetiche.
E tale allarme è stato ampiamente dimostrato dai risultati della
Consultazione Nazionale iniziata il 15 settembre e terminata in anticipo rispetto
ai 60 giorni previsti: più di tre milioni di cittadini hanno detto sì alla
sostenibilità delle pratiche agroalimentari, a un cibo sano e di qualità e a un futuro libero da Ogm.
Alla base del progetto vi era la finalità
di coinvolgere l’intera comunità nazionale in un processo di ricoesione sociale
alla quale si aggiunge anche l’obiettivo di aprire un dialogo diretto con le
istituzioni, nazionali e comunitarie, circa il modello di sviluppo
dell’Italia nell’ambito dei rapporti
internazionali.
Soddisfatte
le trentadue organizzazioni promotrici dell’evento che ritengono la vittoria
come "un'efficace
difesa del made in Italy". Quello che ora si propongono è di valorizzare le produzioni del territorio e di difenderle dalla
omologazione e dalla delocalizzazione, in favore di un tipo di agricoltura
che sia in grado di rispondere alle domande dei cittadini, che chiedono di
consumare alimenti di qualità, con un forte legame territoriale.
Così, voti cartacei, on-line e via sms,
appartenenti perlopiù a impiegati tra i 26 e i 50 anni, hanno stabilito
definitivamente che gli organismi geneticamente modificati non sono funzionali
al modello di sviluppo del nostro paese e agli interessi dei consumatori.
Forse è veramente arrivato il momento, tanto atteso
dalle organizzazioni anti-OGM, che sancisce la chiusura dello scontro sugli
organismi modificati geneticamente, considerato futile, poiché non farebbe
altro che sottrarre tempo, risorse e
attenzione ad altri temi importanti.
Per quanto, però, i responsabili promotori della
Consultazione si proponessero di instaurare un vero e proprio dibattito per far
crescere la consapevolezza dei cittadini e fare in modo che fossero in grado di
deliberare sul sistema agroalimentare e sugli OGM, in realtà la diffusione
capillare di notizie è stata fortemente indirizzata verso un solo campo: quello
dei sostenitori del biologico e convinti anti-OGM. Colpevole la manipolazione
dei mass-media, l’informazione giunta ai cittadini è apparsa, infatti, non
tanto distorta, quanto piuttosto incompleta.
Bibliografia.
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Ricerca dell'Istituto di Politica
Alimentare Rutgers: Usa, ogm nel 75% dei cibi lavorati:http://www.molecularlab.it/news/view.asp?n=2303
D.ssa
Marina Mariani: OGM perché NO: http://www.disinformazione.it/ogm_perche_no.htm
Manuale di MEDICINE ALTERNATIVE BIOLOGICO
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OGM nocivi? No, può esserlo il pesto. Intervista a Francesco Sala: http://www.onestipiaceri.com/archives/000177.html
Intervista
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OGM
definizione: http://it.wikipedia.org/wiki/Organismi_geneticamente_modificati
24 ottobre 2007 Ogm, sì della Commissione Ue a mais e barbabietola biotech: http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Attualita%20ed%20Esteri/Attualita/2007/10/ogm-vialibera-ue.shtml?uuid=ab24203a-823e-11dc-b178-00000e25108c&DocRulesView=Libero
Rischi dell’alimentazione mediante OGM: http://www.alimentarsi.com/ogmnews.html
Sondaggio Mediatico Coalizione ItaliaEuropa “LIBERI DA OGM” : http://www.liberidaogm.org
Andamento della valutazione dei prodotto OGM da parte di “clienti” italiani e europei secondo la Coldiretti: http://www.coldiretti.it
L’attualità più recente sugli OGM: http://ec.europa.eu/index_it.htm
LIBRI
DI TESTO: